sabato 9 maggio 2009

Passato - Past



Acrilico su Carta Cotone - Acrylic on Cotton Paper
50 x 70 cm
2009


L’angolo di una fantomatica ed incompleta stanza, spoglia e decisamente tetra, accoglie una sedia occupata da un’onnipresente assenza. Sul pavimento, vi è un libro muto, scritto da un vento cieco.
Nella stessa camera, notiamo una finestra che, paradossalmente, riporta un surreale e minaccioso cielo plumbeo, in contrasto con l’azzurro presente fuori da quelle mura, ma fedele alla cupa e fredda stanza, dove diventa facile perdere il senso della realtà, assaliti dal buio più vile, nonostante all’esterno vi sia un incoraggiante sole, messaggero di speranza.
In lontananza, scorgiamo la sagoma di un uomo, che, inseguendo nuovi battiti d’orizzonte, si allontana, dando le spalle ad un passato deludente. Come unico bagaglio, ha un borsello colmo di impazienti attese.
Giallombardo, in “Passato”, dipinge immagini reali, che, a prima vista, non hanno alcun nesso logico tra di loro, collocandole in uno spazio che definirei irreale, primordiale, parrebbe quasi un inesistente deserto che ha sete di vita.
In realtà, questo dipinto non è che un fluire di idee, percezioni, astrazioni, allucinazioni, emozioni, libere da alienanti freni inibitori, figli di una razionalità intransigente.
Proprio come accade nel sogno, questo è un modo per far emergere il nostro inconscio, secondo quello che è il principio dell’automatismo psichico, processo mentale, suggerito dalla psicoanalisi freudiana, che va a definire lo stesso Surrealismo, mediante le parole del poeta e critico francese, André Breton, nel suo Manifesto, datato 1924.
"Surrealismo, automatismo psichico puro, mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero con l'assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale."
Naturalmente, questo intimo processo introspettivo non coinvolge soltanto l’artista, ma anche lo spettatore, invitato dallo stesso Giallombardo ad abbandonarsi alla propria potenzialità immaginativa e a questa libera associazione di pensieri, immagini, sensazioni, fantasie, divenendo, in tal modo, coautore della creazione artistica.


La libertà dell’immaginazione

“La sola parola di libertà è tutto ciò che ancora mi esalta. Io la credo capace di alimentare all’infinito l’antico fanatismo degli uomini. E’ la mia sola legittima aspirazione. Fra le tante disgrazie di cui siamo eredi, bisogna riconoscere che ci è concessa la “più grande libertà” di spirito. Tocca a noi di non farne un pessimo uso. Fare schiava l’immaginazione, anche a costo di arrivare a quella che si chiama volgarmente felicità, significa derubare sé stessi di tutto quanto si trova in fondo a sé stessi di giustizia suprema. L’immaginazione, da sola, mi rivela ciò che “può essere” ed è sufficiente per allontanare un poco il terribile divieto; è sufficiente perché io mi abbandoni a lei senza paura di sbagliare (come se fosse possibile sbagliare ancora di più).”


( A. Breton, dal Manifesto del Surrealismo, 1924)

Prof.ssa Manuela Torre

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