martedì 22 giugno 2010

Percezioni Atto II - Perceptions Act II



Acrilico su Tela - Acrylic on canvas
60 x 80 cm
2010


Nel suo celebre ed illustre capolavoro, l’Interpretazione dei sogni, Sigmund Freud rivolge una particolare attenzione a quello che sosteniamo essere un incubo, descrivendolo come una razionalizzazione dell’ignoto e dell’indomabile in genere.
Per definizione, un incubo altro non è che un sogno spaventosamente disturbato, che si fa portavoce dei nostri sé rinnegati, divenendo, in tal modo, un inquietante “fantasma notturno”, espressione, quest’ultima, che ben si adatta al protagonista di Percezioni Atto II.
Nel dipinto, infatti, è possibile scorgere questa sorta di umanoide, con fattezze decisamente innaturali, che rappresenta, in toto, l’oggetto di un’angosciosa visione onirica.
Si tratta di una figura demoniaca, maligna, spietata, parrebbe un robot programmato dal Male. Ha un volto che definirei di porcellana e le braccia, così come le mani e le gambe, sembrano generarsi in quello stesso istante, quasi fosse l’aria a modellarne le forme. Il sembiante umano si accinge ad entrare in una stanza, della quale abbiamo una visuale estremamente limitata, eppure riusciamo a percepirne il totale e deprimente senso di vuoto.
L’ambientazione potrebbe essere ricondotta ad un vecchio scantinato, dove sono stati accantonati polverosi scatoloni, pieni di cocci di vita.
L’umanoide guarda alla sua sinistra, con fare decisamente inquietante. Pare che stia cercando qualcosa, o meglio qualcuno, probabilmente la sua vittima di dolore, una preda che non si stancherà mai di tormentare, affliggere, perseguitare.
Come in una sorta di corsa disperata, senza fiato e senza speranza di salvezza, quella stessa vittima prova a sfuggire alla perfida entità, ma è tutto inutile, visto che il malvagio essere, imperterrito ed instancabile, continua ad inseguirla e sembra che niente e nessuno sia in grado di fermarlo o placarlo.
Naturalmente, la vittima, alla quale accenniamo, non è che lo stesso autore dell’incubo, un incubo che ognuno di noi potrebbe vivere, rendendoci drammaticamente consapevoli che da quell’atroce presenza, rappresentante forse un nostro super-ego punitivo o la personificazione di una paura che muove dall’esterno, non riusciremo facilmente a scappare.
La lodevole realizzazione tecnica, caratterizzata da questa potente luce, che illumina la scena in maniera quasi teatrale, viene supportata dall’intenso ed audace chiaroscuro, che punta ad enfatizzare la profonda tensione, racchiusa nel dipinto.


Prof.ssa Manuela Torre

Nessun commento:

Posta un commento