mercoledì 28 luglio 2010

Percezioni Atto IV - Perceptions Act IV


Acrilici e Grafite su Tela - Acrylic and Graphite on Canvas
100 x 80 cm
2010


La scena è ambientata in una strada alquanto buia e desolata, pressoché sinistra, lugubre, intrisa di umidità ed inquietudine, contraddistinta da un’atmosfera quasi noir.
Il protagonista del dipinto è un uomo, che, agli occhi dello spettatore, appare schivo, riservato, ombroso, ostile nel palesarsi. Non a caso, ha il volto celato, nettamente coperto dal cappello che indossa.
Fuma una malinconica e consolatoria sigaretta, che dà l’impressione di riscaldare ogni fibra del suo essere, fornendogli un irrisorio tepore, intento a proteggerlo, per quanto possibile, dal freddo pungente.
Poggia il mento sull’impermeabile e, pian piano, inizia a vagare con la mente, inseguendo pensieri errabondi, dimenticati nei meandri della vita e del tempo.
La sua figura attira particolarmente lo spettatore, sia perché, sotto il profilo tecnico, è stata resa in maniera estremamente valida e, per questo motivo, bella da guardare, sia perché, nell’osservare quell’uomo, nasce il morboso desiderio di volerne catturare un pensiero bisbigliato, provando così a carpire la sua sfuggente anima e a svelare finalmente il suo volto.
Alle spalle del protagonista, c’è una sorta di fantasma, che, dal suolo, prende la sua orripilante forma, sollevandosi in un crescendo di tormentato e straziante dolore.
Il suo urlo è lancinante, tremendamente violento, intollerabilmente penetrante, capace di creare veri e propri vuoti d’anima.
Capire chi sia quello spettro non è cosa semplice, in quanto ogni interpretazione risulta essere estremamente soggettiva e, per questo motivo, incredibilmente eterogenea.
Potrebbe rappresentare un passato invadente, che, lasciato morire in un reticente oblio, giura vendetta, gridando con tutto il fiato che ha in gola, oppure potrebbe trattarsi del lacerante ed ossessivo tormento di una colpa, se non lo spettro di una recondita e celata paura, che, inesorabile, cresce dentro di noi.
Una cosa è certa, al di là delle nostre congetture interpretative, inerenti all’identità dello spettro, è palese come il protagonista del dipinto non sembri percepire minimamente la presenza del fantasma. E’ come se, tra lui e lo spettro, vi fosse una sorta di muro, fatto di un silenzio inviolabile, indistruttibile.
Quel grido, all’udito del protagonista, diviene muto, quasi annientato, sopraffatto e vinto dallo stesso respiro dell’uomo, nonché dall’eco dei suoi pensieri sussurrati.
Percezioni IV è, senza dubbio, un’opera caratterizzata da una fortissima carica comunicativa.
Nell’osservare questo dipinto, lo spettatore si fa preda di una sottile ed inquietante angoscia, che, come spiegherebbe Søren Kierkegaard, filosofo e scrittore danese, è un sentimento molto più profondo ed intenso rispetto a quello della semplice paura, provocata da un qualcosa di ben determinato, più specifico.
Al contrario, l’angoscia appare contraddistinta da un taglio più esistenziale, trattandosi, piuttosto, del timore del nulla, del vuoto, lo stesso senso di vuoto che proviamo ogniqualvolta andiamo a guardare nel profondo di noi stessi, nell’abisso della nostra anima.
Tuttavia, Percezioni IV è un dipinto importante non solo per quello che concerne l’aspetto comunicativo, ma anche per l’apprezzabile tecnica adoperata, una tecnica molto ben curata, meditata, arguta, soprattutto, nell’andare a cibare, più che generosamente, l’avida ed insaziabile fantasia dello spettatore.
Nei giochi di luce ed ombra, così come in alcune misteriose e particolari pennellate, è possibile individuare situazioni o personaggi, che nascono solo nell’immaginario di chi li osserva.
Ad esempio, personalmente, nelle lunghe pennellate, in alto a sinistra, riesco a decifrare una sorta di castello abbandonato o, perché no, una cattedrale dimenticata da Dio, così come, sempre sullo sfondo, in quelle intermittenze di luce ed ombra, giungo a scorgere sentieri alberati, case illuminate o, addirittura, eventuali persone.
A tal proposito, mi viene in mente un pensiero di Karl Kraus, autore satirico, saggista, poeta, drammaturgo e critico letterario austriaco, che affermava:”la fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria!”


Prof.ssa Manuela Torre




"Giallombardo crea i suoi personaggi "misteriosi" non da un preciso e scontato modello ma escono dal nulla e svaniscono nel nulla proprio come il fumo che crea forme anche significative senza consistenza ma quando questo fumo svanisce tutto quanto appare scuro, è il fumo che alimenta delle visioni in contrasto con il buio eterno, surreale e orrendo....."


Sociologo dell'Arte Dott. Ermenegildo Bianco

3 commenti:

  1. Mi piace immaginare di essere il protagonista, pensarlo come figura imperturbabile e meditativa, di quest'opera davvero molto bella. Complimenti!
    Giuseppe

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  2. Grazie Giuseppe, mi fa molto piacere che hai colto questo genere di emozioni.
    Grazie per i complimenti

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  3. este cuadro en concreto me encanta. Saludos.....

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